

I cambiamenti climatici hanno degli effetti su tutta la popolazione ma sono le persone più povere e vulnerabili, specialmente donne e bambine a patire maggiormente le conseguenze di tensioni ambientali, economiche e sociali.
Nei paesi in via di sviluppo le donne hanno la responsabilità di assicurare cibo, acqua e carburante: si stimano in 200 milioni le ore utilizzate dalle donne per l’approvvigionamento dell’acqua.
In un paese in cui le risorse sono rese ancora più scarse da disastri ambientali, queste si trovano costrette a spostarsi più lontano, in territori non conosciuti accrescendo la propria vulnerabilità.
Secondo l’UNFPA il traffico sessuale è aumentato dopo cicloni e tifoni nella regione pacifica dell’Asia, i tassi di violenza domestica, abuso sessuale, mutilazione genitale crescono durante estesi periodi di siccità in Uganda.
In paesi come Malawi, Filippine e Indonesia la mancanza di risorse e la convinzione di poter migliorare la condizione propria e delle proprie figlie, determina un aumento dei matrimoni in età minorile.
Cambiamenti climatici e disastri ambientali hanno un effetto sull’accesso femminile al sistema sanitario e determinano maggiori rischi di morte durante la gravidanza, sia della donna sia del feto.
Ricerche indicano che il caldo estremo aumenta il rischio di morte dell’infante e la diffusione di virus come malaria, dengue, zika sono correlate ad aborto spontaneo, morte prematura e anemia. Come la pandemia ha dimostrato, durante emergenze sanitarie le risorse vengono tolte da quelli che sono considerati servizi meno essenziali: salute sessuale e riproduttiva passano in secondo piano. Per molte donne profughe aver accesso alla contraccezione è impensabile con risultati di una maggiore trasmissione di malattie (HIV) e gravidanze non volute.
Uno studio della World Bank ha dimostrato che raccolti falliti in Tanzania e conseguente insicurezza alimentare hanno determinato un abbandono delle campagne da parte delle donne e il passaggio alla prostituzione per sopravvivere con conseguenti elevasti tassi di diffusione dell’HIV.
Quando non si parla di pura sopravvivenza, le altre conseguenze che le donne affrontano sono legate alla mancanza di opportunità e allo spreco delle proprie risorse.
L’agricoltura è il settore nel quale sono maggiormente impegnate e durante periodi di siccità o precipitazioni variabili il loro ruolo di lavoratrici e providers ( lavoro domestico e cura) mette una forte pressione su ragazze e bambine che spesso sono costrette a lasciare la scuola.
Di contro e’ proprio questa esperienza e conoscenza ad essere cruciale e rende necessaria una partecipazione delle donne nelle azioni contro il cambiamento climatico.
Le donne indigene in particolare sono in prima linea nella conservazione dell’ambiente e hanno una conoscenza ed esperienza inestimabile che può essere messa a disposizione per la riduzione delle emissioni.
Sono più della metà della forza lavoro in agricoltura nei pesi in via di sviluppo ed è stato dimostrato che quando provviste delle stese risorse disponibili agli uomini, sono capaci di aumentare il rendimento della loro terra del 20/30%.
Le donne sono fondamentali nel preparare le comunità alla resilienza climatica: uno studio dell’Onu mostra come le comunità nelle quali le donne sono coinvolte nei processi decisionali esista una maggiore capacita di risposta ai disastri.
Un gruppo del Sudan rurale ha formato il primo sindacato agricolo di donne con lo scopo di migliorare la sicurezza alimentare nelle proprie comunità colpite da carestie e siccità.
Donne indigene in Nicaragua hanno creato una banca dei semi per proteggere la biodiversità.
Dopo l’uragano Maria a Porto Rico, l’ architetto Carla Gautier ha collaborato con Maria Gabriela Velasco per ricostruire più di 300 mila case danneggiate riutilizzando containers.
Non troviamo modo migliore per celebrare la giornata internazionale della donna che parlare di chi lotta per il cambiamento e ricordarci di quanta strada ancora ci sia da fare.